21 luglio 2009

Felicità - istruzioni per l'uso - (parte 4^)



Post in cui si dimostra che in definitiva l’unica vera felicità la si ottiene da Dio
(e in cui spiego anche quindi perché mi succede di essere felice)






(come nei precedenti post, molti spunti dell’analisi, alcuni ripresi testualmente e riportati in corsivo, li ho tratti da – Piccolo manuale di Apologetica 2 – ed. Piemme, dall’interessantissimo capitolo ‘Il cristiano è un represso?’ di Samek Lodovici)

Se intendiamo l’esercizio delle virtù come espressione d’amore, allora se c’è una relazione tra amore e felicità ne consegue che c’è un legame tra amore e moralità/virtù, perciò l’uomo veramente virtuoso è l’uomo più felice. (…)
Però anche chi esercita l’amore non riesce spesso ad essere pienamente felice: infatti l’uomo ha essenzialmente bisogno di essere amato e se ama senza essere riamato patisce molto. Ma anche se ama e viene riamato non riesce lo stesso ad essere felice. In definitiva l’uomo non è mai pienamente soddisfatto e felice.
Infatti l’uomo può sperimentare due tipi di delusione.
La delusione per uno scopo mancato:
volevo ottenere la tal cosa e non l’ho ottenuta … e perciò sono insoddisfatto.
Poi c’è la delusione per uno scopo conseguito che proviamo perché il conseguimento di esso non ci soddisfa come ci eravamo aspettati:
volevo ottenere una tal cosa e l’ho ottenuta … eppure, ogni volta, contrariamente alle mie aspettative, non sono appagato. Questo secondo tipo di delusione ci rivela (…) che l’oggetto del desiderio umano non è rinvenibile in nessuna esperienza finita. Così come nota San Tommaso D’Aquino, tutti i nostri obiettivi suscitano una reazione comune: quando essi vengono raggiunti non li si apprezza più e si desiderano altre cose, cioè il desiderio non viene mai appagato.
La delusione che si prova dopo il ‘successo conseguito’, cioè la frustrazione che accompagna il raggiungimento di un fine a cui si desiderava arrivare come se fosse stato il fine ultimo (tipo: se raggiungerò questo scopo sarò felice …) ci fa capire che lo scopo cercato in realtà non era definitivo e non era quello che veramente volevamo. Perciò dopo aver sperimentato tale forma di delusione, operiamo, a posteriori, una relativizzazione di un fine che, per un certo tempo, ci era parso senza rivali.
Tale delusione mostra che l’uomo desidera tutto ciò che vuole per l’influsso del Bene ultimo, mostra che la catena delle insoddisfazioni non è originata dalla natura particolare di questo o quel bene finito, ma di aver trascurato la parzialità comune a ogni bene finito. Cioè si capisce che non possiamo essere soddisfatti da beni finiti. E a questo punto che si comprende che desideriamo un Bene Infinito. Insomma, dal cuore dell’uomo sgorga un desiderio radicale e profondo, il desiderio di un Bene Infinito. L’esperienza della delusione del bene conseguito, così, ci fa comprendere che solo la comunione definitiva e indefettibile con Dio, se esiste, può dare soddisfazione all’anelito del nostro desiderio. Come detto da S. Weil: " quaggiù ci sentiamo stranieri, sradicati, in esilio; come Ulisse, che si destava in un paese sconosciuto dove i marinai l’avevano trasportato durante il sonno e sentiva il desiderio d’Itaca straziargli l’anima". E quale sia la nostra Itaca ce lo dice Sant’Agostino: "Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non trova pace finché non riposa in Te".
Certo nella vita terrena non è possibile accedere ad una comunione piena e stabile con Dio, bensì solo ad un’anticipazione. Quest’ultima, del resto, dà quaggiù in questa vita la massima felicità possibile, tanto che il patimento per mancanza d’amore da parte degli altri può essere guarito dal fatto di sentirsi amati da Dio.
Il cristiano che segue compiutamente il Vangelo riceve il centuplo quaggiù come dice il Vangelo e come ha sottolineato Benedetto XVI nella sua messa di Inizio pontificato: "Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita"
, La Vera Vita in Dio e la felicità.

E ritornando al discorso delle molle interiori…In fisica si dimostra che i sistemi oscillanti entrano in ‘risonanza’, cioè oscillano con ampiezza molto grande acquistando tantissima energia, quando sono ‘forzati’ a vibrare con la loro frequenza naturale che dipende dalla loro struttura. (Praticamente tutta la musica viene creata da strumenti musicali che emettono con questo processo). L’ampiezza di queste oscillazioni può raggiungere addirittura un valore infinito nel caso di totale mancanza di attrito.
Questo nel piano fisico e materiale. Però credo che il discorso, con le dovute cautele, possa anche mutuarsi nel piano spirituale …
Mi pare scontato infatti constatare che ogni essere umano costituisce con la sua personalità un essere unico nell’intero Universo. I nostri ‘oscillatori’ spirituali interiori personali, quelli che ‘vibrano’ quando proviamo una sensazione di gioia, unici e irripetibili, hanno una specie di loro ‘frequenza naturale’ caratteristica che costituisce uno dei caratteri essenziali e irripetibili della nostra personalità. L’avvicinarsi a Dio in questa vita, sia con una vita virtuosa che con la preghiera, considerato che Dio nel comunicare con noi usa probabilmente questa ‘frequenza naturale’ nostra personale (che conosce certamente anche perché l’ha creata Lui!), provoca già un assaggio della vita celeste perché causa la nostra ‘vibrazione interiore in risonanza’ avvertita come gioia e pace interiore, anche se incompleta, frenata com’è dal corpo non glorificato e dal peccato, ma che può arrivare in casi estremi (vedi mistici) al fenomeno dell’estasi. Ecco perché chi crede in Dio e dialoga con lui con la preghiera, e fa quello che Lui richiede cioè, in sintesi, vive una vita basata sulle virtù, ottiene già in questa vita il massimo di felicità possibile su questa terra ( sino al livello interiore personale di grazia, che si trova al massimo grado nei mistici e nei santi).
E in Cielo invece cosa succederà? Dice il Signore nell’Apocalisse (2,17): "Al vincitore Io darò una manna occulta, e gli darò un sassolino bianco, nel quale è scritto un nome nuovo, che nessuno conosce se non colui che lo riceve" , molto probabilmente questo ‘nome nuovo’, che esprime l’essenza della nostra personalità e anche le sottigliezze personali dell’amore che intercorrerà tra noi e l’Altissimo per l’eternità, ha anche a che fare con questa ‘frequenza spirituale naturale di oscillazione’ che farà di noi al contatto dell’Amore divino come dei meravigliosi strumenti musicali che emetteranno il suono armonioso della nostra vera personalità, unica in tutto l’universo, e ci daranno così delle ‘oscillazioni’ interiori che faranno la nostra completa felicità appagando per sempre in maniera totale e indefettibile, senza frustrazioni o delusioni di sorta, il nostro desiderio di Infinito.
E la nostra Felicità sarà perfetta, così come lo è Dio.

Per concludere
Com’è quindi che mi ritrovo felice? Forse perché …
cerco di fare il mio lavoro con ‘spirito di carità’ perché mi dedico con entusiasmo all’istruzione dei miei alunni, e il fatto di insegnare loro al meglio le cose che so in modo che imparino e migliorino mi fa provare gioia e mi soddisfa anche se il raggiungimento di questo scopo non è privo di molte fatiche e delusioni.
Cerco di soccorrere materialmente o moralmente quando possibile il prossimo in difficoltà…
Cerco per quanto possibile di seguire i principi morali, anche se mi può capitare alle volte di cadere (infatti non sono un santo…).
Mi sforzo di seguire nel mio operare le virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza
(anche se devo dire non riuscendoci sempre e pienamente come vorrei, ripeto, non sono perfetto).
Prego, e anche per la salvezza degli altri (così fra l’altro assicuro la mia salvezza ...),
la mia giaculatoria preferita, che ripeto di frequente (e che invito anche voi a recitare) è : "Gesù, Maria, vi amo, salvate anime!"
Credo nella divina provvidenza, che mi soccorre nei bisogni della vita.
Credo però che la cosa più importante sia la salvezza dell’anima, tutto il resto ha quindi in definitiva una importanza relativa. Tremo pensando all’esistenza dell’inferno ma … mi affido alla misericordia divina e quindi, anche se mi capita di sbagliare, confido in essa.
Sono certo dell’esistenza del Cielo, non temo quindi più di tanto la morte. L’idea della vita gloriosa futura mi riempie di gioia anche se in questa vita capitano fatti spiacevoli e molte cose non vanno per il verso giusto (infatti non è questa la nostra patria..).
Grazie a Dio possiedo quindi la Fede, la Speranza e mi sforzo di esercitare, per quanto mi è possibile, la Carità, amando l’Altissimo e per amor suo il prossimo (anche se spesso non come sarebbe necessario farlo …).
Ecco quindi perché segue come alla notte il giorno la mia felicità attuale, piccolo assaggio della perfetta felicità celeste futura che io auguro di conquistare a me e a tutti gli esseri umani, fratelli in Cristo, miei compagni di viaggio verso la Patria celeste.
(fine)
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